La figura più influente nel settore della pubblicità del XX secolo
(1911-1982)
Chi era Bill Bernbach?
Bill Bernbach, secondo Advertising Age, è considerato la figura più influente nella storia della pubblicità del XX secolo. Probabilmente anche secondo la maggior parte degli addetti ai lavori.
Quando fu intervistato da Dennis Higgins nel 1965 raccontò come è nata la sua avventura nel mondo della pubblicità:
“Non lo so com’è successo. È avvenuto gradualmente. Ero interessato alla scrittura, all’arte e così, quando si presentò l’occasione di sfruttare queste mie passioni nel campo pubblicitario, semplicemente la colsi.
Appena prima di entrare in un’agenzia pubblicitaria ho lavorato per l’Esposizione universale di New York. Lavoravo come ghostwriter per il dipartimento promozionale. Scrivere di prodotti poteva permettermi di combinare il mio background lavorativo con le mia capacità di scrittura.
Ho mandato il mio curriculum all’agenzia William H. Weintraub. I miei concorrenti erano due pubblicitari. A tutti e tre venne chiesto di scrivere una lettera al signor Weintraub descrivendo le nostre capacità professionali. L’ho fatto, e ho avuto il posto.”
Dopo questa esperienza, entra a far parte dell’agenzia Grey Advertising, di cui Bernbach diventa, ben presto, direttore creativo, incarico che mantiene fino al 15 maggio 1947. Quello è il giorno in cui sulle scrivanie dell’agenzia arriva una lettera di dimissioni che in seguito verrà considerata un manifesto della rivoluzione creativa di cui il giovane Bill (36 anni) diventerà il promotore.
Il primo giugno del 1949 Bill Bernbach insieme a 2 soci (già colleghi alla Grey Advertising), Ned Doyle e Maxwell Dane, danno vita alla DDB. Un’agenzia che diventerà un’icona della nostra società e formerà per decenni migliaia di creativi della pubblicità.
Per cosa era conosciuto?
Potremmo scrivere un libro per raccontare “le gesta” di Bill Bernbach, ma mi soffermerò soprattutto su 3 aspetti per cui era conosciuto.
Anzitutto mi concentrerò sul presentarti il manifesto della seconda rivoluzione creativa. Si, la seconda rivoluzione creativa perché molti attribuiscono a Raymond Rubicam la nascita della prima, meno famosa, rivoluzione creativa (avvenuta a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale).
Poi ti racconterò dell’idea di far lavorare e stretto contatto copywriter e art director, creando di fatto la coppia creativa.
Infine, parleremo di una delle tecniche pubblicitarie preferite di Bill Bernbach.
Manifesto della (nuova) rivoluzione creativa
Come abbiamo detto prima, la lettera di licenziamento dalla Grey Advertising può essere considerata un vero e proprio manifesto di una nuova rivoluzione creativa di cui Bernbach sarebbe stato il principale promotore.
Ecco il testo integrale:

Qui trovi una traduzione del testo:
Miei cari,
la nostra agenzia sta crescendo. Possiamo essere felici. Però dovremmo anche preoccuparcene, e non mi dispiace dirvi che sono dannatamente preoccupato.
Sono preoccupato che cadremo nella trappola della magniloquenza, che adoreremo sempre più la tecnica invece della sostanza, che potremmo seguire la storia invece di esserne artefici, che saremo sommersi dalle superficialità invece di essere sostenuti da solidi principi. E mi preoccupa che la nostra vena creativa cominci a inaridirsi.In pubblicità ci sono un sacco di bravissimi tecnici. E purtroppo hanno vita facile. Conoscono tutte le regole. Possono dirti che un annuncio pubblicitario sarà più letto se mostra delle persone. Possono dirti quanto dovrebbe essere lunga o corta una frase. Possono dirti che il testo deve essere spezzettato per una lettura più scorrevole. Possono darti una certezza dopo l’altra. Sono scienziati della pubblicità. Ma c’è un problema: la pubblicità è fondamentalmente persuasione e la persuasione non è una scienza, ma è un’arte.
È la nostra scintilla creativa, quella di cui sono così geloso, quella che adesso temo si stia perdendo. Non voglio specialisti. Non voglio scienziati. Non voglio gente che faccia la cosa giusta. Voglio gente che faccia cose stimolanti.
Negli ultimi anni avrò fatto colloqui ad almeno un’ottantina di persone, tra copy e art. Molti tra loro erano considerati dei colossi nel nostro campo. È stato terribile scoprire quanto questa gente fosse poco creativa. Certo, di pubblicità ne sapevano. E dal punto di vista tecnico erano aggiornati.
Ma se guardi sotto tutta quella tecnica cosa scopri?
Conformismo, pigrizia mentale, idee mediocri. Eppure erano capaci di difendere qualunque annuncio per il solo fatto che obbediva alle regole della pubblicità. È come adorare un rituale invece di Dio.Tutto questo non significa che la tecnica non sia importante. Una preparazione tecnica di alto livello ti migliora. Il pericolo però è che la capacità tecnica venga scambiata per abilità creativa. Il pericolo è nella tentazione di assumere gente che usa metodi monotoni. Il pericolo è questa tendenza a prendere gente magari con grande esperienza ma che ci rende simili a tutti gli altri.
Se vogliamo crescere, dobbiamo farlo con una personalità che sia nostra. Dobbiamo sviluppare un approccio originale, invece di adottare il modo di fare pubblicità imposto dagli altri.
Cerchiamo di percorrere nuovi sentieri. Dimostriamo al mondo che il buon gusto, la buona arte, la buona scrittura possono dar vita a un buon modo di vendere.
Rispettosamente,
Bill Bernbach
Un nuovo metodo di lavoro (nasce la coppia creativa)
Prima dell’arrivo di Bernbach nel mondo della pubblicità, il copywriter, colui che scrive, e l’art director, colui che si occupa della parte visiva, lavoravano ciascuno nel proprio ufficio. Quando uno di loro aveva un’idea, questa veniva trasmessa all’altro, che gli metteva un titolo nel caso del copywriter, o un’immagine nel caso dell’art.
La grande intuizione di Bill Bernbach fu quella di farli lavorare insieme nello stesso ufficio, affinché lavorassero uno per l’altro, in una sorta di intima convivenza intellettuale. Così nasce la cosiddetta coppia creativa.
Si sarebbero scambiati pareri intorno ad una storia, intorno all’IDEA, in modo che testo e immagine potessero fondersi per raccontare qualcosa del prodotto da pubblicizzare, racconto che doveva essere nuovo, interessante e stimolante (ovviamente un pizzico di humour non guastava mai). Questa fu una svolta che cambiò il modo di concepire la pubblicità, e questa nuova forma di concezione cambiò radicalmente il “prodotto pubblicità” nella stampa, nella televisione e nei manifesti.
Questo atto di radicale disobbedienza alle leggi codificate della pubblicità di allora contribuì a plasmare la rivoluzione creativa di cui abbiamo già parlato.
La tecnica preferita di Bill Bernbach
Partiamo da un principio importante: ammettere una debolezza aiuta a rafforzare la credibilità del soggetto protagonista della comunicazione.
In retorica questo viene definito “concessio”.
Bill Bernbach è stato capace di usare questo principio (spesso associando un po’ di umorismo) per realizzare alcune delle campagne pubblicitarie più di successo di tutti i tempi.
Da quel momento in poi questa strategia pubblicitaria è diventata famosa come “negative approach”.
Come funziona?
Di solito qualunque azienda fornisce prodotti o servizi per risolvere problemi dei clienti (o soddisfare desideri). E per farsi scegliere cerca di comunicare i lati positivi della propria offerta (spesso anche esagerando, la cosiddetta iperbole).
Bill Bernbach invece partiva quasi sempre da un aspetto negativo oggettivo del prodotto in vendita per trasformarlo in seguito in un aspetto positivo per il cliente.
“Think Small” realizzata per Volkswagen e “We Try Harder” realizzata per Avis sono 2 esempi famosi in cui è stata usata questa strategia. Se sei un appassionato di marketing, probabilmente già le conosci. In ogni caso qui sotto trovi un approfondimento.
Una carrellata delle sue pubblicità più geniali (le sue 2 campagne più famose)
THINK SMALL – Volkswagen
Risulta al primo posto tra le 100 migliori campagne pubblicitarie del XX secolo secondo AdAge.
Il contesto dell’epoca è questo.
Immagina di essere in U.S.A. alla metà degli anni 50 dello scorso secolo.
Per la precisione siamo nel giugno del 1959 quando l’agenzia di Bill Bernbach firma l’accordo di gestione dell’account pubblicitario di Volkswagen of America. Il budget pubblicitario per competere nel mercato dell’auto americano era di 600.000 dollari. Corrispondente al 2% del budget che le grandi case automobilistiche americane avevano pensato di usare per pubblicizzare le proprie auto compatte.
La Volkswagen aveva già ottenuto i primi successi.
Infatti, nonostante le basse aspettative iniziali, dai primi 2 Bettles (maggiolini) venduti nel 1949 si era passati ai 120.000 del 1959. Nessuno pensava che, in quel periodo, una macchina conosciuta come “la macchina del Furher” avrebbe potuto avere mercato negli Stati Uniti. A maggior ragione se proponeva un’auto dalle dimensioni ridotte e dal design compatto in un mercato innamorato di auto enormi come aeroplani.
Grazie al talento creativo dell’agenzia DDB, Volkswagen crebbe, anno dopo anno, nonostante il piccolo budget di investimento fino a diventare parte della cultura americana.
WE TRY HARDER – Avis
Risulta al decimo posto tra le 100 migliori campagne pubblicitarie del XX secolo secondo AdAge.
Capiamo il contesto.
Siamo nel 1962 e l’Avis è la seconda compagnia statunitense più grande nel mercato del noleggio di veicoli. Al primo posto c’era la Hertz.
La campagna pubblicitaria “Noi siamo al secondo posto, è per questo che ci impegniamo di più” ha usato alla perfezione l’approccio negativo. Quindi: da un lato si ammetteva che sul gradino più alto del podio c’era un’altra azienda, ma dall’altro si dava una ragione valida per cui il servizio offerto non doveva essere da meno, anzi.
Quali libri sono stati scritti su Bill Bernbach?
Bill Bernbach e la rivoluzione creativa. Il mito di un personaggio e di un movimento che hanno cambiato la storia della pubblicità. Scritto da Mara Mancina.
Il libro aiuta a capire qual era la situazione degli Stati Uniti durante il dopoguerra, il Paese reale e lo sfondo culturale su cui si innesta la rivoluzione creativa di Bill Bernbach.
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Bernbach pubblicitario umanista. La prima raccolta dei testi del più grande tra i mad men. Scritto da Giuseppe Mazza.
L’obiettivo del libro, attraverso varie fonti, è quello di presentare Bill Bernbach non solo come il pubblicitario che cambiò il linguaggio dell’advertising, ma come un intellettuale totalmente immerso nella cultura materiale.
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Nobody’s Perfect. Bill Bernabach and The Golden Age of Advertising.
Il libro racconta la storia della leggendaria agenzia pubblicitaria Doyle Dane Bernbach e del suo fondatore, Bill Bernbach, così com’è stata vissuta dall’ex direttore delle pubbliche relazioni di DDB.
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Ugly Is Only Skin-Deep: The Story of the Ads That Changed the World. Scritto da Dominik Imseng.
In questo libro l’autore ripercorre la creazione della DDB, disprezzata dai grandi attori di Madison Avenue a causa del background “etnico” dei suoi fondatori e dipendenti, per lo più ebrei. Viene raccontato come l’agenzia si è aggiudicata l’account Volkswagen e come un improbabile team creativo, il copywriter Julian Koenig e l’art director Helmut Krone, ha dato il tono alla campagna più ammirata nella storia della pubblicità.
Il libro esamina anche l’evoluzione della campagna Volkswagen e come grandi pubblicitari come Bob Levenson, Len Sirowitz, Roy Grace o Bob Kuperman siano riusciti a convincere sempre più americani che piccolo era meglio. In effetti, la campagna Volkswagen non solo cambiò radicalmente l’etica della pubblicità, ma contribuì anche a innescare la rivoluzione culturale degli anni ’60.
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